di Giuseppe Passavanti
– Pronto Jole, sono Gabriele, si Muccino, quello del cortometraggio, guarda che dovevi dirmelo…
– Cosa?
– Dovevi dirmelo che le condizioni erano queste…
– Quali condizioni?
– Ma come quali condizioni quelle ambientali, logistiche, tutto insomma.
– Perché cosa c’è che non va?
– Ma de tutto. Ci siamo messi a girare in un agrumeto, un caldo della miseria, un umido spaventoso con nugoli di moscerini che nemmeno nelle savane. Poi di “ste clementine che sarebbero l’oro giallo (a parte che m’hanno detto che se va bene le vendono a 15 centesimi, vabbè sti-ca) nemmeno l’ombra me dicono che ci vorrà ottobre… tu capisci che nun se ne parla de rappresentare st’oro giallo manco pe’ gnente…
Il cast è terrorizzato da animaletti, punture, “àmo speso na cifra de autan, che nun te dico”. Poi l’immondizia, montagne de rifiuti dappertutto, cumuli con cani randagi che banchettano alla grande. L’altro giorno mi pareva di vedere una scena di C’era una volta il West (povero Maestro se n’è annato pace all’anima sua). Una stazione senza treni, ci mancava Charles Bronson con l’armonica ed eravamo a posto. Simpatiche ste littorine diesel sulla ionica, davvero suggestive con ste stazioni chiuse dove “se scenni dar treno scappi a gambe levate pa puzza…”
“Nun te dico da strada”: per me dovrebbero chiamarla non 106 ma Via crucis. Si ho visto più altarini e ceri lungo la tratta Rossano-Crotone che al Verano, roba da nun crede, ma come fanno sti calabresi a viaggiare?
Ah, poi dovevi dirmelo da sanità: sì un povero cristo dello staff, s’he ammaccato un dito ed è scappato al pronto soccorso. Nun te dico prima il triage (du’ ore) poi una fila che manco al banco salumi della Conad dell’Iper di Roma est e quando sono entrati sembrava l’ospedale da campo di un film de Sergio Leone, si hai capito, quelli sempre del West, con giacche azzurre. Povera gente con flebo, lamenti da ogni angolo e la dottoressa, che du’ palle: “ditelo come ci hanno ridotti, con turni massacranti, senza personale, guardi il camice, dobbiamo comprarceli noi”. Insomma un incubo giornaliero e meno male che stiamo giù du’ fine settimana. Nun te dico la storia d’un poraccio, de fianco ar nostro malato: dolori ar braccio destro e ar petto, insomma n’infarto. M’ha detto, lo filmi, aspetto l’elicottero mi porta a Catanzaro, qui c’era l’Utic, che non so cosa significhi, ma trattava roba di cuore, ora è chiuso da sei mesi e nessuno se ne frega. Io Ho paura di volare…
Insomma Iole mo’ dovevi da dì che stanno na cacca da ste parti. Raul è terrorizzato nun se ricordava na terra così aretrata, un mare così ricco di escherichiacoli, una erogazione d’acqua potabile, a singhiozzo, ner senso che se te viene n’un poi manco beve perchè n’un ce stà.
N’un te dico a Rocio, sì a donna de Raoul: ‘ncazzata come un toro spagnolo. L’hanno presa de mira: a cimicetta verde del clementino, il ragno rosso e in ultimo il cotonello degli agrumi. E’ scappata via quando si è ritrovata piena de sti cosi, con prurito ovunque e annerita da fumaggine, artra diavoleria de sti mandarini. Ah mentre giravamo semo stati innaffiati da un trattorista pazzo che spruzzava una medicina seccagola che nemmeno to m’aggini.
Ah Jole, hanno fatto er bonifico? No tanto pè esse chiari, sai chiacchiere da bar, perché opposizione nun ce n’hai, ma a gente se chiede un milione e settecento piotte senza evidenza pubblica, direttamente, boh. Nun so’ si me spiego.
Te saluto.
Ogni riferimento a fatti o persone è puramente casuale.